Durante l’epidemia di Covid-19 le persone con tumore del polmone che hanno contratto il virus hanno avuto meno possibilità di accedere alle terapie intensive rispetto agli altri pazienti oncologici. Con una netta differenza nella mortalità, pari al 35% nel carcinoma polmone e al 13% nelle altre neoplasie. I dati sui decessi da SARS-CoV-2 nei pazienti con cancro arrivano da uno studio appena pubblicato su Lancet Oncology e sono stati presentati nei giorni scorsi nella sessione plenaria, quella di maggior rilievo, del Congresso della Società Americana di Oncologia Clinica (Asco). «Per lo studio TERAVOLT (acronimo per: Thoracic cancERs international coVid19 cOLlaboraTion) sono stati raccolti, fra marzo e aprile 2020, i dati di oltre 400 pazienti con carcinoma polmonare che si sono ammalati di Covid — spiega Marina Garassino, responsabile della Struttura Semplice di Oncologia Medica Toraco-Polmonare della Fondazione Irccs Istituto Nazionale Tumori di Milano e coordinatrice dello studio TERAVOLT —. Hanno partecipato oltre 200 centri in 28 nazioni e 4 continenti, uno sforzo cooperativo globale tra oncologi di tutto il mondo, eccezionale nella sua portata, segno di quanto la comunità scientifica non abbia confini: di fronte a una situazione gravissima e inattesa come l’epidemia di coronavirus, per raccogliere informazioni sull’infezione da SARS-CoV-2 nei malati con tumore, abbiamo avviato lo studio nell’arco di una settimana. In tempi normali per mettere a punto un protocollo così ampio ci sarebbe voluto quasi un anno».
Che cosa emerge dai dati dello studio TERAVOLT?
«Come purtroppo sospettavamo, indicano che i malati con tumore del polmone sono più fragili degli altri — risponde Garassino —: i pazienti con carcinoma polmonare, colpiti da Covid-19, hanno avuto meno possibilità di accedere alle terapie intensive (8,3%) rispetto agli altri pazienti oncologici (26%) durante la pandemia e il 35% di loro è poi deceduto. Non è capitato solo in Italia, dove purtroppo gli ospedali hanno avuto momenti drammatici e sono state costretti a fare delle scelte, ma è successo in tutto il mondo, anche in Paesi dove la pressione sui reparti di rianimazione non è stata per nulla forte. Su questo aspetto stiamo continuando a lavorare e stiamo creando dei progetti di ricerca specifici anche con le associazioni dei pazienti, preparandoci a migliorare l’assistenza nel caso di una seconda ondata di SARS-CoV-2. Il 76% aveva una neoplasia polmonare metastatica e il 74% era in terapia al momento della diagnosi di Covid e il 57% stava eseguendo un trattamento di prima linea, quindi si parla di pazienti con chance di vita anche lunga. Altro dato fondamentale: molti dei pazienti con cancro polmonare che si sono ammalati di Covid erano fumatori e il fumo si è rivelato essere il fattore di rischio più associato alla mortalità. Un fatto riportato anche nel dal registro americano CCC19».