I test sierologici sugli anticorpi serviranno «per determinare la diffusione del coronavirus e avere informazioni rilevantissime sull’immunità di gregge, usando le informazioni per elaborare strategie fondate su dati solide per far ripartire il Paese, specie per le attività produttive. Prioritaria è la tutela della salute, ma bisogna contemperare gli aspetti di economia per evitare i problemi di una situazione economica difficile». Con queste parole il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli, ha espresso sostegno all’ipotesi di l’uso degli esame del sangue sugli anticorpi come base per una graduale ripresa delle attività. Un’idea che piace anche al sindaco di Milano Giuseppe Sala: «In teoria dovrebbero rientrare al lavoro prima i più giovani. Qualcuno obietta: ma se un giovane vive con anziani? Vero. Ma da qui deve partire la riflessione sul test anticorpale, che diventerà più importante del tampone perché permette di dire se sei immune».
Due tipi di test
Di che cosa si tratta? «I test di tipo sierologico, come i test rapidi sulla gocciolina di sangue per esempio, identificano gli anticorpi — spiega Fausto Baldanti, responsabile del laboratorio di Virologia molecolare al Policlinico San Matteo di Pavia —. Hanno un valore importante nella definizione della circolazione del virus nel territorio, ma bisogna capire come usarli. Su un paziente positivo all’inizio della sua storia clinica potrebbero avere il problema dei falsi negativi, perché la persona, pur avendo contratto il virus, non ha ancora sviluppato gli anticorpi. I test sono di due tipi — prosegue l’esperto —: quelli molecolari, eseguiti sul tampone, identificano la presenza del virus nelle secrezioni e cominciano a essere positivi in una fase vicina ai sintomi, poco precedente e rimangono positivi in tutta la fase sintomatica. Se il soggetto viene ricoverato sarà positivo anche nei tessuti più profondi, come quelli del polmone; poi durante la convalescenza tendono a negativizzarsi. I test di tipo sierologico identificano gli anticorpi e qui c’è un fattore biologico di mezzo: io mi infetto oggi, sviluppo sintomi fra 3-4 giorni, ma comincio a produrre anticorpi fra 7-10 giorni. Il discorso di ampliare a tutti indistintamente l’analisi — conclude Baldanti — è un problema importante. Dobbiamo capire quante persone hanno incontrato il virus».