Archive for December 30, 2017

Che faccio se un compagno ha un arresto cardiaco in classe?

Il debutto del 112 ha mandato in confusione i ragazzi

Per parlare con i soccorsi, però, prima di tutto bisogna sapere qual è il numero da fare. In passato c’era il 118, conosciuto da tutti; negli ultimi tempi è entrato in funzione in alcune regioni italiane il 112 (numero unico d’emergenza europeo). E , a questo proposito, forse gli esperti del ministero della Salute e i responsabili dei sistemi regionali di emergenza e urgenza dovrebbero a loro volta interrogarsi: sono state fatte campagne di informazione sul numero unico di emergenza 112? Se ne è misurata l’efficacia? Dalle risposte dei ragazzi, sembra di no: appena il 54% degli intervistati ha dimostrato di esserne al corrente, mentre il 14% chiamerebbe il 113 (a cui però risponde la Polizia) e il 12% digiterebbe il 115 (i Vigili del Fuoco); sempre meglio di quel 20% che telefonerebbe al 911 (il numero dell’emergenza negli Statti Uniti, peccato che non siamo in America). Dunque gli studenti non sanno neppure che con il nuovo sistema del numero unico di emergenza 112 , chiamando i numeri di servizio delle forze dell’ordine o dei vigli del fuoco si viene comunque re-indirizzati alle Centrali uniche di risposta regionali (quindi in definitiva allo stesso 112).

Dimentichiamo per poter decidere Troppi ricordi ci paralizzano

Unico «antidoto»? Ripetere

«Noi ipotizziamo che la transitorietà della memoria sia richiesta in un mondo che cambia e che ha un alto livello di rumore informativo di fondo», spiegano i ricercatori. È solo così che gli esseri umani possono avere un comportamento flessibile; se la nostra mente dovesse fotografare tutto indistintamente, prenderebbe decisioni troppo rigide e potrebbe fare ipotesi sul futuro completamente sbagliate. «La persistenza — affermano Richards e Frankland — è utile solo quando conserva quegli aspetti dell’esperienza che risultano stabili o che sono utili per predire come andranno nuove esperienze». Se vogliamo provare a limitare la perdita di informazioni di ciò che ci interesserebbe trattenere dopo averlo studiato, si deve per forza passare attraverso la fatica delle continue ripetizioni. Secondo Robert Bjork, del Department of Psychology, University of California a Los Angeles, l’unico modo conosciuto per tentare di frenare questo colabrodo della memoria è ripetere e ripetere, per rinforzare così le tracce mnemoniche. Ma bisogna ripetere in maniera da creare spazi temporali adeguati tra una ripetizione e l’altra, che devono essere né troppo lunghi né troppo brevi, altrimenti l’effetto di rinforzo si perde. E comunque, alla fine, quando si smetterà di ripetere, una gran parte delle informazioni colerà via. È la temuta «curva della dimenticanza».

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