Quindici persone contagiate dal virus dell’epatite A, a Padova. Lo riferisce oggi “Il mattino di Padova”. Sembra che tutti e quindici gli infettati abbiano mangiato nello stesso bar. La segnalazione sarebbe arrivata alla Usl e gli ispettori risulta abbiano già fatto due visite di controllo nel possibile luogo del contagio. Controlli dovuti perché l’epatite A (HAV) si trasmette consumando alimenti che sono venuti a contatto con le feci di un soggetto infetto. Probabilmente, ma solo probabilmente, la causa dell’infezione è stata una partita di tramezzini con un ingrediente contaminato o un tagliere in cui si è annidato il virus. Il titolare del bar, a sua difesa, avrebbe però spiegato che se avessero gli ispettori trovato qualcosa di sospetto nel suo locale, gli avrebbero fatto chiudere il locale.
Archive for August 31, 2017
Mal di schiena, epidemia silenziosa Così mettiamo in sicurezza la colonna
Infezione Seu, colpisce i bambini piccoli e può essere gravissima
Spesso serve la dialisi
Generalmente i primi sintomi della malattia sono diarrea, a volte con presenza di sangue, vomito e dolore addominale intenso, ai quali fanno seguito anemia emolitica, piastrinopenia e insufficienza renale (con oliguria, ovvero scarsa produzione di urine, o anuria, ovvero assente produzione di urine): quest’ultima comporta nella maggior parte dei casi il ricorso alla dialisi, temporanea o – nei casi peggiori – definitiva. La diagnosi di Seu si basa su sintomi clinici, esami del sangue e di funzionalità renale. Nei casi più gravi possono comparire manifestazioni di carattere neurologico come sonnolenza, confusione, ottundimento dei sensi, strabismo e convulsioni, coma. La febbre non è quasi mai presente o comunque non supera, di norma, i 38°. Quando si verificano casi di Seu nelle scuole, specialmente materne e asili nido, bisogna prestare particolare attenzione per evitare che l’infezione si trasmetta ad altri bambini. Il contagio persona-persona è frequente e occorre osservare misure rigide: igiene personale, lavaggio frequente delle mani, cambio di indumenti che siano venuti a contatto con le feci, disinfezione delle superfici. Nel caso di Seu dovuta ad infezione da STEC è molto importante che i familiari del bambino malato si sottopongano a un esame delle feci per la ricerca dei batteri, soprattutto se hanno sofferto di sintomi gastroenterici anche lievi (diarrea, dolore addominale, vomito).
Uova al fipronil, altri casi segnalati dai Nas, in tutto sono sei
Uova al fipronil, due casi in Campania
«Nessun rischio per la salute»
L’allarme fipronil è partito all’inizio di agosto in alcuni Paesi europei: tonnellate di uova infette con il pesticida sono state ritirate dai mercati di Olanda, Belgio, Germania, Gran Bretagna e Francia. Premesso che si tratta di una sostanza che «deve essere assolutamente assente» negli alimenti, la quantità di fipronil rilevata, pur superando il valore limite, «è molto sotto la soglia di tossicità acuta», quindi sono escluse conseguenze per la salute umana, rassicura Giuseppe Ruocco, a capo della Direzione generale per l’Igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione del Ministero della Salute. Peraltro, ha aggiunto, è una sostanza che «non si accumula, perché viene eliminata» dall’organismo. Il Ministero, in collaborazione con le autorità sanitarie regionali e il Comando Carabinieri per la tutela della salute, ha monitorato uova, prodotti derivati e alimenti che li contengono, sia di provenienza estera che nazionale. Una decina di giorni fa erano stati sequestrati in Italia alcuni prodotti, mai messi in commercio, provenienti da un’azienda francese che aveva usato le uova di uno degli allevamenti olandesi coinvolti nell’uso del fipronil.
Uova contaminate con fipronil In Italia trovati due campioni positivi
Creati maiali con Dna modificato per trapianti d’organi sull’uomo
Nell’intestino un batterio che protegge dalla sclerosi multipla
Lo studio del San Raffaele
Che nella sclerosi multipla recidivante-remittente, durante le fasi che precedono la riattivazione della malattia, avesse un ruolo chiave il microbiota intestinale era già appunto emerso, come detto, da uno studio coordinato da Marika Falcone, ricercatrice della Divisione di Immunologia trapianti e malattie infettive e Vittorio Martinelli, neurologo del Centro Sclerosi Multipla del San Raffaele diretto dal professor Giancarlo Comi. Nella ricerca era stato evidenziata un’alterazione della flora batterica (microbiota) intestinale e una corrispondente proliferazione di un tipo di globuli bianchi considerati fondamentali nello sviluppo della sclerosi multipla. L’analisi della flora batterica intestinale ha evidenziato che nei pazienti con malattia attiva (con ricadute cliniche o documentate dalla Risonanza Magnetica) erano presenti due vistose anomalie: una quantità ridotta di Prevotella e un aumento della presenza di due ceppi di Streptococco (S. oralis and S. mitis), che solitamente risiedono nella cavità orale e che hanno notevoli capacità infiammatorie. «Era già nota una ridotta presenza della Prevostella in pazienti con sclerosi multipla – spiega il professor Giancarlo Comi – ma nel nostro studio, in particolare si è visto che la riduzione della Prevostella si associava a un incremento di cellule infiammatorie che sono quelle che aggrediscono il sistema nervoso, producendo la malattia».
Modificato il Dna di embrioni umani per prevenire una malattia
La malattia trattata
Il team di esperti si è focalizzato sulla cardiomiopatia ipertrofica, una delle oltre 10.000 malattie ereditarie che sono causate da una mutazione in un singolo gene. Ciascun individuo portatore della mutazione ha il 50% di possibilità di trasmetterla alla prole. Per bloccare questa «catena», i ricercatori hanno pensato di usare la tecnica che «taglia-incolla» il Dna durante la fecondazione in vitro, fatta con ovuli sani e spermatozoi portatori della mutazione. Le «forbici» molecolari della Crispr hanno dimostrato di saper tagliare in modo preciso ed efficace il gene mutato, che poi è stato prontamente riparato dalle cellule dello zigote usando il gene sano come stampo. Impiegando la tecnica Crispr nelle primissime fasi della fecondazione, si è riusciti a correggere la mutazione in tutte le cellule dell’embrione, evitando il pericoloso fenomeno del mosaicismo in cui alcune cellule sono corrette mentre altre restano malate. I ricercatori riconoscono che il problema non ha funzionato per tutti gli embrioni ma comunque nel 72% che è un buon livello per un test mai riuscito prima. Gli embrioni, se fatti sviluppare dopo il trattamento, non solo non soffriranno dalla malattia, ma non potranno trasferirla, una volta nati e diventati adulti, ai propri figli.