Archive for January 31, 2017
Nuovi farmaci contro il colesterolo che agiscono sul Dna: al via i test
Le statine sempre efficaci
E che cosa si prevede per gli altri pazienti con ipercolesterolemie meno importanti? «Ci sono sempre le statine, farmaci eccezionali e ancora attualissimi» ricorda Di Lenarda. Sono farmaci di sintesi, in commercio da vent’anni e ormai tutti generici (tranne uno, la rosuvastatina, ma per poco ) e quindi a basso costo: un anno di terapia si aggira attorno ai cento-centocinquanta euro. «Le statine sono assolutamente efficaci — continua Di Lenarda — Hanno dimostrato, in centinaia di studi, di ridurre, nei pazienti con elevati livelli di colesterolo, la mortalità del 30-40 per cento. Poi sono ben tollerate: soltanto un dieci per cento di persone presenta dolori muscolari che ne suggeriscono la sospensione. Ma purtroppo sono mal utilizzate: nonostante le linee-guida promosse anche dall’Anmco con la collaborazione di 16 società scientifiche e dell’Istituto Superiore di Sanità, spesso vengono prescritte statine sbagliate (differenti molecole hanno efficacia diversa, ndr) e a dosaggi inappropriati in rapporto alle situazioni che si vogliono tenere sotto controllo». Un’ultimissima osservazione: anche le statine, in quanto farmaci, vanno utilizzate per ridurre il colesterolo in eccesso quando altri sistemi hanno fallito. Da non dimenticare che in prima linea, nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e nella riduzione di uno dei suoi fattori di rischio principali, e cioè gli elevati livelli di Ldl, c’è sempre l’igiene di vita: dieta corretta ed esercizio fisico. Non si finirà mai di ripeterlo.
Le donne operate di cancro al seno (in fase iniziale) hanno un’aspettativa di vita più lunga rispetto alle sane
Partecipazioni allo screening e stile di vita sano
«Abbiamo esaminato le informazioni sulla salute delle pazienti curate per carcinoma mammario per i 10 anni successivi alla scoperta della malattia e confrontato la loro mortalità con quella attesa nella popolazione generale – ha spiegato al convegno Lotte Elshof, medico e epidemiologa del Cancer Institute Olandese -. Ne è emersa un’informazione molto rassicurante per le ex-pazienti: il rischio di morire (per qualsiasi causa) delle ex-malate con più di 50 anni è più basso del 10 per cento rispetto alle donne sane, che non hanno mai avuto il cancro. Può sembrare sorprendente, ma si tratta nella stragrande maggioranza dei casi di persone che avevano scoperto il tumore partecipando ai controlli di routine con la mammografia organizzati proprio tra i 50 e i 70 anni. Quindi persone che si preoccupano della propria salute, che con lo screening si sono salvate e che, molto probabilmente, prestano un’attenzione maggiore al loro stile di vita». Nello specifico, le probabilità di decesso sono risultate minori soprattutto per altri tumori, patologie dell’apparato cardiocircolatorio, respiratorio e digestivo.
«Vaccinazioni obbligatorie per nido e materna, legge in tempi brevi»
Usa, quasi la metà degli uomini ha un’infezione da Papillomavirus
«Gli uomini sono il serbatoio naturale di trasmissione dell’Hpv»
La situazione da noi è uguale? «Non c’è ancora una consolidata letteratura scientifica sulla prevalenza di Papillomaviruus nella patologia maschile in Italia – risponde Luciano Mariani, responsabile dell’Unità Hpv alla Ginecologia Oncologica dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma -. Non abbiamo numeri certi, ma i dati a disposizione confermano le casistiche internazionali e il ruolo-chiave dell’Hpv come causa del cancro di pene, ano e orofaringe maschile. Inoltre, non c’è ormai alcun dubbio su come il maschio rappresenti il serbatoio naturale di trasmissione dell’infezione da Hpv». L’articolo pubblicato su Jama Oncology prova, secondo l’esperto, quanto già emerso negli ultimi anni in merito all’elevata prevalenza (oltre il 45 per cento) di infezione da questo virus nei maschi, superiore a quello delle femmine. In precedenza l’infezione negli uomini era stata riferita ancor più alta, tra il 50 e il 70 per cento. «Il dato più originale emerso da questa indagine – prosegue Mariani – è il progressivo aumento d’infezione (soprattutto i ceppi ad alto-rischio) con l’età, diversamente da quanto avviene nella donna, la cui infezione invece tende ridursi, dovuta forse a una più bassa risposta immunitaria maschile».
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Anoressia e bulimia, vittime non solo adolescenti, colpite anche le over 40
I disturbi alimentari come anoressia o bulimia possono colpire anche in età adulta, tra i 40 e i 50 anni e non solo tra le adolescenti. A innescarli, secondo uno studio britannico in cui sono state intervistate 5.300 donne di mezza età, sono lo choc di un divorzio, gravi delusioni lavorative , un lutto grave. La ricerca ha evidenziato come il 15% delle donne intervistate, quindi una su sei, ha combattuto contro anoressia o bulimia nel corso della vita e il 3,6% lo ha fatto nell’ultimo anno, quindi in età adulta.
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Tumore al seno: cosa lo causa come si riconosce e come si cura
L’iniziativa
Per conoscere meglio questa malattia, e quindi prevenirla e combatterla efficacemente, l’Aiom (Associazione Italiana Oncologia Medica) e Corriere della Sera hanno realizzato uno strumento interattivo: una web-app gratuita, la quarta del Corriere della Sera dopo quelle dedicate al dolore toracico, alle palpitazioni e al tumore polmonare.
«Si tratta di una guida semplice – spiega Carmine Pinto, presidente nazionale di Aiom -, che ha l’obiettivo di raggiungere soprattutto chi non accede di solito ai mezzi di informazione tradizionali. Una decisione che abbiamo preso insieme al Corriere della Sera per cercare di sfruttare nel modo migliore la rete, che ormai è un medium fondamentale anche nel campo della salute, con enormi potenzialità ma anche con notevoli rischi. Aiom con questa iniziativa cerca di essere presente su questo mezzo fornendo informazioni vagliate dai propri esperti, in modo da rappresentare un punto di riferimento sicuro in mezzo a suggerimenti non di rado incontrollati quando non francamente rischiosi».
Hiv, ecco perché può esserci contagio nei rapporti sessuali non protetti
Fattori favorenti
Di questi fattori “favorenti” ne hanno appena trovati due (oltre a quelli già noti): il primo è una particolare caratteristica genetica del virus Hiv che lo rende “insensibile” all’interferone, una sostanza prodotta dal sistema immunitario dell’organismo per combattere le infezioni. Il secondo riguarda, invece, l’ambiente dove si viene a trovare il virus, cioè la vagina, e, più nel dettaglio, il microbiota vaginale, cioè l’insieme di batteri che normalmente la popolano. Partiamo dal primo. Uno studio, pubblicato sulla rivista Pnas da autori americani e britannici, ha analizzato i tipi di virus presenti in soggetti “donatori” di infezione e in altri “riceventi” (appunto attraverso rapporti eterosessuali) e ne ha studiato il comportamento nelle mucose, cioè nei tessuti di rivestimento degli organi genitali.