Archive for October 29, 2016
Tumore al polmone: perché viene, come si riconosce e come si cura
Due versioni, in otto lingue
La rivincita di Khoudia,vittima di bulli per la sua pelle nerissima
Il parassita che entra dai piedi scalzi (e fa danni a distanza di tempo)
Neonati nella camera con i genitori per ridurre il rischio di morte in culla
Il nuotatore salvato da un fan «Attento a quel neo, è sospetto»
La telefonata
Mack Horton, 20 anni, di Melbourne, 89 chili per un metro e 89 d’altezza, medaglia d’oro a Rio de Janeiro nei 400 stile libero, ha postato su Instagram una sua foto a torso nudo, dopo l’intervento chirurgico. Con il segno di vittoria e un cerotto al posto della macchia scura. «Ringrazio pubblicamente la persona che ha mandato un’email al medico della nazionale di nuoto, per dirgli di far controllare quella macchia. Una buona chiamata. Una gran buona chiamata…». Confrontando le immagini di super Mack nel corso della sua pur breve carriera — scrive l’Independent — si nota come il «neo» diventi progressivamente più grande e più scuro, un segno che da benigno è diventato maligno. L’esito dell’esame istologico non è stato divulgato. Sulla pagina Facebook del campione, il «Melanoma Institute Australia» ha lasciato un messaggio per Mack: «Felici che ti sia fatto controllare. Grazie per l’aiuto nel diffondere la consapevolezza di quanto sia importante l’esame della cute».
Possiamo farci «baciare»in faccia dal nostro cane? Leccatine sotto accusa
Europa, melanoma curato ‘all’antica’ Troppe disparità per accesso alle cure
In Europa esiste un «caso melanoma». Emblematico. Almeno 5 mila persone, con una forma grave di questo tumore della pelle, non sono curate come si deve. Non hanno, cioè, accesso alle cure più innovative, come le terapie a bersaglio molecolare e l’immunoterapia, che hanno radicalmente modificato la sopravvivenza dei pazienti negli ultimi anni. «Prima del 2011 non c’erano grandi possibilità di trattamento per il melanoma metastatico, (e purtroppo la diagnosi di questo tumore spesso avviene quando la malattia è ormai diffusa, ndr ) – ha ricordato Lidija Kandolf -Sekulovic dermatologa all’Accademia Militare di Belgrado (Serbia) a Copenaghen, in occasione del congresso annuale dell’Esmo, la Società Europea di Oncologia Medica – ma negli ultimi cinque anni sono arrivati, in clinica, farmaci che possono prolungare la sopravvivenza di questi pazienti fino a diciotto mesi, rispetto al passato e, in alcuni casi, anche oltre i dieci anni, come hanno riportato ricerche pubblicate in letteratura. Ma non sempre i pazienti hanno accesso a questi farmaci, soprattutto se vivono nei Paesi dell’Est e del Sud Est dell’Europa». Lo testimonia un’indagine, promossa proprio dall’Esmo, in 29 nazioni europee, con la collaborazione di numerose istituzioni, compresa l’Università Cattolica di Roma. Indagine che ha dimostrato come nei Paesi dell’Europa occidentale almeno il 70 per cento dei pazienti sono curati con medicine innovative, mentre in certi altri questa percentuale si ferma al dieci per cento: spesso i farmaci non vengono registrati e tantomeno rimborsati.
Tumori, nove sperimentazioni su dieci non segnalano correttamente gli effetti collaterali dei nuovi farmaci
Ne soffrono quasi tutti i malati di tumore, ma se ne parla poco e persino le sperimentazioni li trascurano: irritazioni cutanee, stanchezza cronica, nausea, vomito, perdita dell’appetito, disturbi gastrointestinali sono i più comuni effetti indesiderati delle cure, hanno un impatto spesso molto negativo sulla qualità di vita dei pazienti, ma se correttamente segnalati possono essere combattuti o persino prevenuti. A denunciare la mancata indicazione di molti eventi avversi durante i trial clinici è uno studio italiano presentato durante il congresso della Società Europea di Oncologia Medica (Esmo), conclusosi alcuni giorni fa a Copenaghen. «Descrivere chiaramente l’entità e la durata delle conseguenze indesiderate delle terapie è un passaggio fondamentale – sottolinea Paolo Bossi, primo autore dell’indagine e oncologo dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano -. Per i medici che utilizzeranno quel farmaco, per poter valutare se è indicato o meno per il singolo paziente e per essere in grado di gestire la situazione al meglio. Ma anche per i malati stessi, che devono poter essere informati su cosa attendersi quando iniziano una cura, per poterne valutare pro e contro».
Degenerazione maculare, aumentano i farmaci efficaci per il trattamento
Le due forme di degenerazione maculare
Identificare all’esordio questa patologia, soprattutto nella cosiddetta forma umida, significa curarla con più probabilità di successo. «Esistono due forme di degenerazione maculare — precisa Federico Ricci, oftalmologo e direttore del Centro di riferimento regionale per le patologie retiniche all’Ospedale Policlinico, Università di Tor Vergata — quella umida (caratterizzata da proliferazione di vasi sanguigni ed essudazione della retina, ndr) e quella secca (in cui, invece, si formano depositi di lipoproteine chiamati drusen, ndr ). Per la prima ci sono nuovi farmaci in grado non solo di rallentare la progressione della malattia, ma anche di migliorare l’acutezza visiva dei pazienti. Per la seconda, che progredisce più lentamente, non esistono al momento terapie, ma si stanno sperimentando».