Professore, crede ancora davvero che lo si possa sbaragliare?
«Sì, ci credo fermamente. La ricerca ha fatto progressi straordinari e molti tipi di tumore sono effettivamente stati sconfitti. Abbiamo fatto enormi passi avanti nella diagnosi precoce, nella prevenzione e nelle cure e raggiunto risultati che solo 30 anni fa sembravano obiettivi irrealizzabili. Pensiamo al tumore dell’utero, per esempio: oggi abbiamo un vaccino da somministrare alle ragazzine 12enni e sappiamo che così possiamo praticamente evitare che si ammalino. E con il Pap test e il nuovo test Hpv, anche se svilupperanno un carcinoma, lo possiamo scoprire in tempo, in modo che la vita di migliaia di donne non sia messa in pericolo».
In effetti, numeri e statistiche alla mano, non è più un male incurabile, anzi il numero di guarigioni è in costante crescita sempre più guaribile, ma non è ancora del tutto sconfitto. Il cancro, per Umberto Veronesi, è stato l’avversario di una vita: il suo ottimismo, talvolta giudicato eccessivo, dunque resta?
«Sì, resta. Sono convinto che ce la faremo. Ci vorranno 20, 30, 40 anni o forse più, certo io non vedrò quel giorno, ma troveremo il modo. Già oggi molti tipi di tumore sono curabili e moltissimi pazienti guariscono o convivono con la malattia per moltissimi anni, giungendo alla fine della vita per cause diverse dal tumore. Pensiamo ad esempio alle neoplasie del seno, della prostata o della tiroide. Certo purtroppo resta un altro gruppo di tumori, quelli difficili da curare (come pancreas o cervello): non riusciamo a coglierli all’inizio e abbiamo poche terapie efficaci. E’ su questo secondo gruppo che urge concentrarsi, per capire meglio come si sviluppano, le cause e trovare strumenti di diagnosi precoce che ci aiutino a individuarli prima che la situazione sia troppo compromessa».
Secondo lei, come raggiungeremo il traguardo? Nuovi farmaci, genetica, nuovi macchinari… cosa conta di più?
« Sono convinto che si debba puntare di più sulla diagnosi precoce. Credo che il modello da seguire sia quello del cancro al seno, per il quale grazie alla mammografia e ad altri esami riusciamo a scoprire i noduli in fase talmente iniziale che le guarigioni sfiorano il 98 per cento dei casi. Bisogna replicare questo esempio con gli altri tumori. L’idea, a cui stiamo già pensando, è quella di mettere a punto una sorta di risonanza magnetica avanzata e molto sofisticata che riesca a scovare tutte le forme di cancro. Poi certo la genetica è la chiave del successo: ci permetterà di scoprire perché nasce il cancro, capire quali mutazioni del Dna sono responsabili dello sviluppo della malattia e mettere a punto terapie in grado di «riparare» il genoma. Ma serviranno molti anni. I tempi, in questo settore, sono inevitabilmente lunghi».
E per quanto riguarda le nuove terapie?
« Farmaci o radiazioni hanno certo un loro ruolo. Ma per i medicinali c’è un grande problema da affrontare, il loro costo elevato. Il nostro Sistema Sanitario Nazionale, lo dicono in molti e io sono fra i suoi sostenitori, è fra i migliori al mondo. E’ però messo a dura prova dai prezzi esorbitanti delle nuove terapie, oncologiche e non solo. Quanto alla radioterapia, in questi anni ha fatto enormi progressi ed è certo importante, ma non da sola: la sua utilità è in crescita, sempre comunque abbinata ad altri trattamenti».
A proposito del nostro Sistema sanitario… Sempre più spesso si teme che non riuscirà a garantire le costosissime cure innovative a tutti i pazienti: lei che ne pensa? C’è una strada per evitare il tracollo?
«Stiamo vivendo tempi di grande «imbarazzo sociale», perché già ora è difficile garantire tutto gratuitamente a tutti i cittadini: i nuovi farmaci sono efficaci, importanti, ma troppo cari. Urge trovare una soluzione vera, oppure il Sistema non reggerà. La via del ticket è giusta, anche per evitare abusi da parte di chi vorrebbe esami o cure non necessari, d’altro canto tutela i meno abbienti. Credo una soluzione possibile sarebbe quella di continuare in questo senso, suddividendo la popolazione in base al reddito, chiedendo a chi guadagna di più di integrare il Ssn pagando determinate cure. Inoltre moltissimo si può fare tagliando i molti sprechi che comunque esistono e distribuendo meglio le risorse sul territorio nazionale».
Veniamo invece al capitolo «prevenzione»…
«La prevenzione, come la diagnosi precoce, è un passo fondamentale. Prendiamo ad esempio il tumore all’ovaio, ancora molto letale e difficile da scoprire per tempo, perché non dà sintomi fino alle fasi più avanzate. Si potrebbe ridurre del 90 per cento il numero di casi se le donne prendessero con continuità per anni la pillola anticoncezionale: perché questo messaggio non passa chiaramente? Perché pochi lo dicono?»
Ormai lo sappiamo con certezza: almeno 4 tumori su 10 si potrebbero evitare facendo prevenzione. Oncologi, Istituzioni, associazioni come la Fondazione che porta il suo nome e giornalisti ripetono da anni l’importanza di non fumare, fare attenzione all’alimentazione e al consumo di alcolici, evitare sovrappeso e sedentarietà… ma ancora troppo pochi ascoltano. Come si fa a far passare il messaggio?
« Credo che i media me parlino ancora troppo poco. Giornali, radio, tv non amano parlare di cancro e quando lo fanno è in contesti circoscritti. Bisogna invece parlare di prevenzione in contesti ampi, dove sono in ascolto molte persone, magari non interessate in quel momento a sentir parlare di salute… ad esempio le trasmissioni tv più popolari potrebbero dedicare degli spazi, brevi ma chiari, a messaggi di prevenzione. E poi di certo c’è internet e tutto quel mondo online che va sfruttato meglio, per le sue grandi potenzialità e il pubblico che può raggiungere».
Professore, se fosse un giovane ricercatore oggi, a cosa dedicherebbe la sua vita? Cosa le appare più promettente? E, da chirurgo, non trova che la chirurgia sia un po’ messa in secondo piano oggi?
«Sono un chirurgo e sceglierei di nuovo questa strada. Ancora oggi la prima domanda che ci si fa davanti alla diagnosi di cancro è se è operabile o no. Per programmare le cure si parte sempre da qui: se è possibile, o meno, asportare la lesione cancerosa. Quando poi si procede con l’intervento si può vedere subito il risultato: eliminare chirurgicamente il cancro è una grande soddisfazione. Per il mio temperamento la chirurgia è la scelta migliore: rapida, essenziale, con esiti immediati e permette di migliorare la vita delle persone. Oggi sempre di più la chirurgia deve puntare a questo: rendere migliore la qualità di vita dei pazienti, preservando una vita piena, facendo attenzione a salvaguardare il più possibile l’integrità corporea, la funzionalità, la sfera sessuale, l’estetica, per un ritorno a un’esistenza piena e soddisfacente.